Tassa unica per la casa: la nuova IMU che incamera la TASI

Tassa unica per la casa: la nuova IMU che incamera la TASI 


Un emendamento sulla Legge di Bilancio propone di eliminare la TASI, accorpandola in una nuova IMU ad aliquote invariate.

Con l’accorpamento di IMU e TASI si andrebbe verso una semplificazione delle imposte sulla casa, che andrebbe così ad eliminare la sovrapposizione di due diverse imposte sugli immobili (IMU e TASI) e permetterebbe quindi la predisposizione di bollettini precompilati: l’obiettivo della nuova IMU sarebbe infatti quello di rendere strutturale un aumento della tassa sulla “seconda casa”.

Le aliquote, di fatto, dovrebbero restare invariate, per cui la nuova IMU potrebbe arrivare al massimo all’11,4%; il tetto per la prima casa invece resterebbe allo 0,4%, elevabile fino allo 0,6% da parte dei Comuni.

Sarebbe poi discrezione degli enti locali decidere se far pagare l’imposta anche sull’abitazione principale: attualmente la legge prevede che sulla prima casa non sia dovuta l’imposta sugli immobili, con l’unica eccezione delle abitazioni di lusso. Non è ancora chiaro però se l’emendamento lasci ai Comuni decidere se applicare la tassa anche alle prime case non di lusso.

E’ poi prevista una fase di transizione, per cui nel primo semestre del 2019 si pagherebbe in base alla somma delle aliquote IMU e TASI previste per il 2018.


Attualmente, la legge prevede che si paghino l’IMU (imposta sugli immobili) e la TASI (tassa sui servizi indivisibili dei Comuni).

Sulla prima casa si paga solo la TASI (abolita per le abitazioni principali a meno che non appartengano alle categorie di lusso A1, A8 e A9). Per queste ultime la somma di IMU e TASI può raggiungere il 6,8%, mentre per gli altri immobili il tetto è l’11,4% (ci sono poi casi particolari, come i fabbricati rurali, con aliquote diverse).


Sottolineiamo che si tratta ancora di un emendamento dichiarato ammissibile ma non ancora discusso in commissione, pertanto non è da intendersi una modifica già decisa dalla norma.

Ai Comuni, infatti, da come è formulato l’emendamento, sembra lasciata la possibilità di portare l’aliquota fino all’11,4% (oggi il tetto è al 10,6%, a cui si può aggiungere lo 0,8% solo in alcuni casi).

Resterebbe confermata l’esenzione per le prime case, con l’eccezione delle abitazioni di lusso (categorie catastali A1, A8 e A9). 

Anche il calcolo dell’imposta non cambierebbe: l’imponibile sarebbe sempre dato dalla rendita catastale rivalutata del 5% a cui si applica il coefficiente per tipologia catastale; l’imposta si calcolerebbe in base all’aliquota del Comune.


Maggiorazioni

Il nuovo meccanismo accorpa le due imposte, IMU e TASI, evitando così di sommare le due imposte, che in ogni Comune hanno aliquote e casistiche molto differenziate. 

In questo modo dovrebbe consentire ai Comuni di predisporre dei bollettini precompilati, sulla stregua della tariffa sui rifiuti.

Mentre l’aliquota base per le prime case di lusso rimane allo 0,4%, con la discrezionalità da parte delle amministrazioni comunali di alzarla di un ulteriore 0,2% (tetto massimo 0,6%, come ora), diminuirla o azzerarla, per gli immobili diversi dalla prima casa l’aliquota base resta allo 0,76%, ma i Comuni possono alzarla fino all’1,14%. 

Qui risiede il potenziale svantaggio rispetto all’attuale normativa, che prevede la stessa aliquota base, con un possibile aumento fino all’10,6%.


Penalizzazioni?

Si tratta della maggiorazione dello 0,8%, istituita nel 2014 e poi sempre prorogata (con tutta una serie di regole complesse di ripartizione fra IMU e TASI). 

Questa maggiorazione attualmente può essere applicata solo dai Comuni che fin dall’inizio l’hanno utilizzata, mentre la nuova formulazione della legge sembrerebbe dare a tutte le amministrazioni comunali la possibilità di portare l’IMU a quota 11,4%.

Bisogna capire se si tratta di un errore di formulazione, che quindi potrebbe essere corretto in fase di approvazione, oppure della volontà di applicare la maggiorazione a tutti i Comuni, indipendentemente dalle scelte effettuate negli anni scorsi.

Sottolineiamo che stiamo parlando di un emendamento ancora non approvato, che può quindi essere modificato oppure bocciato.


Aliquote

Ci sarebbero poi una serie di limiti posti ai Comuni in sede di deliberazione delle aliquote, che invece introducono maggiori rigidità rispetto all’attuale situazione. 

Questo potrebbe rappresentare una complicazione per gli enti locali, in sede di deliberazione delle nuove aliquote (perché li costringerebbe ad apportare modifiche ai regolamenti), mentre sarebbe una semplificazione per il contribuente (che attualmente deve spesso fare i conti con regole complicate dalla variabile di casistiche previste).

In base all’emendamento, il Comune può differenziare l’aliquota dello 0,76% in base ai seguenti parametri:

-  fabbricati ad uso residenziale diversi dall’abitazione principale

-  fabbricati a disposizione, non locati da almeno due anni

-  fabbricati locati a titolo di abitazione principale

-  fabbricati concessi in comodato a parenti in linea retta o collaterale oppure ad affini, stabilendo il grado di parentela

-  fabbricati industriali

-  fabbricati commerciali

-  immobili appartenenti al gruppo catastale D, anche differenziando tra le diverse categorie

-  fabbricati appartenenti al gruppo catastale B

-  fabbricati appartenenti alla categoria catastale C3

-  fabbricati ad uso commerciale con particolari caratteristiche tipiche dei centri storici, da determinarsi nel regolamento del tributo.

C’è infine una regola fissa per gli affitti a canone concordato, che prevedrebbe una riduzione del 75% rispetto all’aliquota stabilita dalla delibera comunale.

E sarebbero esenti dall’imposta municipale anche i fabbricati costruiti e destinati dall’impresa costruttrice alla vendita, fintantoché permanga tale destinazione e non siano in ogni caso locati.


Pagamenti

Un’altra semplificazione è rappresentata dal fatto che, a decorrere dal 2019, i Comuni dovrebbero rendere disponibili i modelli di pagamento precompilati.

Le scadenze per i versamenti resterebbero le stesse: acconto entro il 16 giugno, saldo entro il 16 dicembre. La rata di giugno si pagherebbe in base all’aliquota dell’anno precedente, in dicembre si effettuerebbe il conguaglio (come adesso).

In sede di prima applicazione (quindi nel 2019), la prima rata sarebbe calcolata sulla base delle regole IMU e TASI 2018.

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